Fotogiornalismo e fotografia documentaria, tra ricerca teorica e tematiche sociali. Giornate di Studio. Considerazioni sulla 2a edizione
La seconda edizione delle Giornate di Studio sul’Immagine Documentaria a cura di Punto di Svista (18-20 aprile 2012) ha dimostrato come le questioni dell’approfondimento culturale e della comprensione dei meccanismi fondamentali riguardanti i temi della documentazione e del racconto degli eventi italiani e internazionali siano punti che sia gli addetti ai lavori che i semplici appassionati percepiscono come essenziali.
L’hanno evidenziato in maniera inequivocabile il seminario La natura (ambigua) dell’immagine documentaria (18 aprile 2012) e l’incontro denominato Fotografia e (libera) stampa (19 aprile 2012).
Nel primo caso, Maurizio G. De Bonis e Andrea Attardi hanno effettuato un lavoro di costruzione di un discorso storico-critico condiviso che intendeva non solo mettere in luce la complessità (non riconducibile a codici semplicistici) della fotografia documentaria ma anche rivelare come il concetto di documento sia molto più ampio di quello che le “accademie fotografiche” spesso (ma non sempre, per fortuna) vogliono far intendere. Grazie all’ausilio del cinema (e del linguaggio audiovisivo in generale) si è capito che documentare vuol dire in primo luogo insegnare/informare, e che tale pratica può essere effettuata attraverso innumerevoli elementi linguistici che non devono ricondurre necessariamente a un’espressione di stampo strettamente realistico.
De Bonis e Attardi hanno effettuato un articolato percorso iniziato con Luchino Visconti (La Terra Trema), proseguito con Walker Evans (il suo lavoro su L’Avana), Mikhail Kalatozov (Soy Cuba), Herbert List (Hellas), Robert Adams (Turning Back), Paul Strand (Strand-Zavattini, Un paese) e concluso con Michelangelo Antonioni (N.U. – Nettezza Urbana). Ciò che è emerso da questo studio a due voci è che l’impostazione di matrice documentaristica (come insegna il cinema) non ha a che fare con il “come? ma con il “cosa? si vuole comunicare. Il “contenuto documentario? può, dunque, essere trasmesso attraverso meccanismi diversi che non devono essere collegati ai concetti di replica del reale, di doppione fedele del mondo, di oggettività visuale.
Nella seconda giornata Tiziana Faraoni (photoeditor de L’Espresso) e Luca Locatelli (fotografo indipendente), con la moderazione di Emilio d’Itri (direzione Officine Fotografiche), Maurizio G. De Bonis (Punto di Svista) e Alfredo Covino (Punto di Svista) hanno tentato di fare il punto della situazione riguardo l’uso (in qualche caso non chiaro) che le testate giornalistiche nazionali fanno dello strumento fotografico. Ne è emerso un quadro estremamente problematico, in particolar modo per quel che riguarda il ruolo del photoeditor nell’ambito dell’impostazione del lavoro di una redazione giornalistica. Effettuare delle scelte precise per questa figura professionale è operazione non facile nel sistema gerarchico di una redazione, così come è apparso controverso il rapporto con le agenzie. In questo contesto, il lavoro di Luca Locatelli ha svolto un ruolo fondamentale poiché è stato, per i presenti, un esempio concreto di creatività fotografica svincolata dal rigido sistema della contorta relazione fotografo/agenzia/photoeditor/testata giornalistica. Secondo Locatelli lo spirito che dovrebbe guidare un fotografo dovrebbe essere quello della concretizzazione di un’intenzione espressiva precisa; quest’ultima dovrebbe essere la diretta emanazione della visione personale di un autore (dotato di uno sguardo autonomo) in grado di proporre al mondo del giornalismo un proprio modo di raccontare fatti ed eventi attraverso le immagini.
Dal confronto la photoeditor e Locatelli (fotografo molto attivo anche all’estero) è venuta fuori una situazione italiana non proprio rosea, compressa tra grandi gruppi editoriali che privilegiano immagini standardizzate e riviste di nicchia le quali, ovviamente, devono fare i conti con enormi problemi economici e sono “costrette” ad attingere alle nuove generazioni di fotografi, questi ultimi non sempre pronti per esprimersi in modo (fotograficamente) compiuto.
La terza giornata (20 aprile 2012) è stata invece dedicata alla tragedia dell’Eternit in Italia. Grazie al lavoro fotografico di Alfredo Covino (realizzato a Casale Monferrato) e al film di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller (Polvere, il grande processo dell’Amianto) sono state gettate le basi espressive per lo svolgimento del dibattito che ha riguardato il modo sostanzialmente “distratto? con il quale i mass media, gli organi di informazione e le arti visive in Italia si sono occupate di un argomento drammatico che rappresenta uno degli orrori dell’Italia del secondo Novecento (al punto che a causa dell’Eternit bisogna contare nel nostro Paese almeno tremila morti).
Con il contributo di Nicola Pondrano e Nicola Pesce (rappresentanti dell’Associazione Vittime dell’Amianto) e dello scrittore/giornalista Giampiero Rossi, si è provato a delineare un quadro mediatico, quadro che è apparso a tutti decisamente sconfortante. Questa tragedia italiana ha avuto scarsa visibilità sugli organi di informazione e non sono molti i fotografi e i cineasti che si sono occupati di una vicenda che invece aveva (e continua ad avere dopo la sentenza del Tribunale di Torino) una rilevanza sociale (ma anche umana) di enorme spessore.
Lo spirito della seconda edizione delle Giornate di Studio sull’Immagine Documentaria è stato quello di coniugare ricerca teorica, questioni professionali e approfondimenti tematici nel tentativo di fornire ai partecipanti un affresco denso di fattori in grado di mettere a fuoco la situazione attuale nel nostro Paese.
Il successo ottenuto ci ha fatto comprendere come il lavoro svolto sia stato fatto nella giusta direzione. La seconda edizione ci ha dato, dunque, delle indicazioni fondamentali di cui certamente Punto di Svista terrà conto in previsione dello svolgimento, nel 2013, della terza edizione.
© Punto di Svista 04/2012
IMMAGINI
1 Frame del film Soy Cuba di Mikhail Kalatozov
2 © Luca Locatelli. Da Stateless Teenagers
3 Frame del film Polvere – Il grande processo dell’Eternit di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller
LINK
Il sito di Luca Locatelli
Officine Fotografiche, Roma
Lorenzo
Purtroppo fino a quando i photoeditor e le redazioni in generale prenderanno in toto le decisioni non possiamo affermare l'esistenza di una linea autoriale nel fotogiornalismo. Sempre più professionisti affermati producono workshop dove si insegna il proprio metodo, il proprio punto di vista e tutto ciò viene accettato e assorbito con la speranza di future pubblicazioni. Molti giovani professionisti tutti uguali, tutti allo stesso livello. Se non sei un grande autore degli anni passati o con una grossa agenzia alle spalle oggi non puoi permetterti (in termini di sostenibilità della professione) di seguire il tuo pensiero.